di Salvatore Lucchese

Sin da adolescente, Napoleone Colajanni si schierò dalla parte dei vinti dal processo di unificazione nazionale, i contadini ed i lavoratori meridionali, poi “briganti”, vittime dalla “rivoluzione passiva” e dei “ricchi” chiamata Risorgimento, dando successivamente loro voce sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista culturale. E in questa battaglia a favore dei vinti, egli stesso fu un vinto. Un vinto indomito e senza rimpianti.
La sua biografia esistenziale, e non la mera cronologia della sua vita e della sua opera, va collocata e compresa in un orizzonte di senso etico-politico incentrato sui valori di libertà, giustizia sociale e continua e serrata ricerca della verità. Valori da lui non solo proclamati, ma anche professati e testimoniati da scelte esistenziali, che, nell’esplicitare l’essere del suo esserci al mondo, il senso per cui, secondo lui, valeva la pena impegnarsi con tutto sé stesso, ne misero in pericolo sia la sua vita che la sua libertà.
Nato a Castrogiovanni (l’attuale Enna) il 27 aprile del 1847, di estrazione sociale borghese, nel 1860, alla sola età di 13 anni, un appena adolescente Colajanni scappò di casa per arruolarsi nelle file dei garibaldini sbarcati a Marsala. Costretto a tornare a casa da un amico di famiglia, due anni dopo partecipò alla battaglia di Aspromonte. Scontata la pena per la sua militanza nelle fila delle camicie rosse, nel 1866 partecipò alle battaglie del Trentino.
Dunque, sin da ragazzo, nel contesto storico del culmine del processo di unificazione nazionale, l’intellettuale siciliano, anche a rischio della sua vita e della sua libertà, si schierò con l’ala radicale delle composite forze politiche risorgimentali, quella repubblicano-democratico-garibaldina, sconfitta politicamente dall’ala moderata egemonizzata dalla Destra storica cavouriana.
Durante gli studi universitari di Medicina, da lui iniziati nel 1866 presso l’Università di Genova e portati a compimento nel 1871 presso quella di Napoli, Colajanni proseguì il suo impegno politico militando attivamente nelle fila del movimento repubblicano. Sono gli anni in cui iniziò il suo rapporto di collaborazione con Il Dovere e la Rivista Repubblicana.
Al ritorno da un viaggio nell’America del Sud, continuò a profondere il suo impegno politico sia impegnandosi in un’opera di propaganda politica, la qualcosa gli procurò dei problemi con le autorità giudiziarie, sia partecipando al Congresso repubblicano tenutosi a Roma nel 1878, sia facendosi eleggere nel 1879 come consigliere ed assessore comunale presso la sua città natia dove era rientrato per esercitare la professione medica.
In quegli anni scrisse il saggio La questione sociale e la libertà, il cui titolo ben evidenzia la costellazione valoriale entro cui il patriota e studioso siciliano collocava il suo impegno etico-politico, che, coerentemente al profilo di un intellettuale engageé, aveva ora assunto la forma prevalente della partecipazione alla lotta politica tramite la prise de parole pubblica ed istituzionale, scritta ed orale. Prise de parole che si caratterizzava sia per il suo stile diretto e senza fronzoli sia per un’elevata capacità di argomentazione e documentazione delle sue tesi.
Negli anni Ottanta, Colajanni intensificò il suo impegno pubblicistico, collaborando con diverse testate e periodici di orientamento repubblicano, democratico e socialista (Il Secolo, La Lega della Democrazia, Cuore e Critica, Rivista del Socialismo).
Nel 1888 fu nominato professore pareggiato di Statistica presso l’Università di Messina, per poi essere nel 1901 nominato ordinario per la stessa disciplina presso l’Università di Napoli “Federico II”.
A partire dal 1890, iniziò la sua carriera parlamentare come deputato nelle fila del partito repubblicano, contemperando i principi democratici con quelli del riformismo socialista, di cui divenne uno dei maggiori teorici in Italia con il suo testo Il Socialismo (1884).
Strenuo difensore del movimento dei Fasci siciliani (1891-1894), si oppose sia alle avventure colonialiste e alla deriva autoritaria del Governo Crispi (1887-1891) sia a quella del Governo Pelloux (1898-1900). A quegli anni risalgono il testo Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause (1894) e la fondazione della Rivista di Politica, Lettere e Scienze Sociali, successivamente denominata Rivista Popolare di Politica, Lettere e Scienze SocialiIn età giolittiana, continuò a profondere il suo impegno in favore del Mezzogiorno, criticando l’impresa di Libia, che, a suo parere, distoglieva risorse da investire al Sud, dirottandole sulle politiche colonialista.
Durante la Prima Guerra Mondiale assunse posizioni interventiste ed antibolsceviche. Queste ultime lo indussero ad accogliere positivamente la fondazione dei primi Fasci nel 1919. Morì a Castrogiovanni il 2 settembre 1921, celebrato dalla stampa locale, nazionale ed internazionale come uno dei maggiori protagonisti del suo tempo.
La cifra di senso che ne caratterizzò l’esistenza fu il tentativo di conciliare la libertà e la democrazia, da lui declinate in termini repubblicani, autonomisti e federalisti, con la giustizia sociale e territoriale. Da ciò il suo impegno meridionalistico a favore dei “vinti” del Sud, contadini, minatori, operai, a cui egli intese dare voce nei suoi scritti e discorsi dedicati alla “condizione meridionale”, tra gli altri, Per la razza maledetta (1898) e Settentrionali e Meridionali. Agli Italiani del Mezzogiorno (1898), caratterizzandosi come il più strenuo, lucido e rigoroso difensore delle classi popolari meridionali dalle teorie razziste elaborate dalla Scuola antropologica di Cesare Lombroso.
Dunque, Colajanni un intellettuale e un meridionalista ancora oggi attuale, in una fase storica in cui sulla base di atavici pregiudizi antimeridionali si mira ad istituzionalizzare in via definitiva lo storico gap tra le due Italie tramite l’attuazione di un federalismo discriminatorio di tipo regionalista, diametralmente opposto alla sua proposta di federalismo democratico incentrato sull’autonomia comunale.
Un meridionalista ancora oggi attuale, per l’impegno profuso a dare voce a chi non aveva voce. Chi darà oggi voce ai nuovi vinti del Sud? Chi darà voce ai disoccupati, agli inoccupati, ai precari, ai giovani e alle donne, ai nuovi “contadini” meridionali del XXI secolo?

Condividi: