Nel corso degli ultimi sette anni, i reiterati tentativi, adoperati trasversalmente dai governi Gentiloni, Conte I, Conte II, Draghi e Meloni, di attuare l’autonomia regionale differenziata hanno dato vita ad un vasto e variegato dibattito politico-culturale, i cui maggiori contributi, sul versante del meridionalismo, sono stati offerti da studiosi e da intellettuali di grande spessore scientifico, etico e civile, tra i quali si annoverano il costituzionalista emerito della “Federico II” Massimo Villone, il giornalista e saggista Marco Esposito e gli economisti Pietro Massimo Busetta e Gianfranco Viesti.

Quest’ultimo, dopo avere pubblicato nel 2019 un saggio sull’autonomia differenziata dal titolo, poi divenuto giornalisticamente famoso, Verso la secessione dei ricchi?, successivamente ha pubblicato un altro testo di sintesi critico-divulgativa aggiornato all’attuale fase del dibattito politico-istituzionale sul regionalismo differenziato, Contro la secessione dei ricchi. Autonomie regionali e unità nazionale, edito nel 2023 nella collana “Saggi tascabili” della Casa editrice Editori Laterza.      

Il testo di agile lettura, articolato in un’introduzione, sette capitoli e in un’esaustiva e quanto mai preziosa bibliografia finale, si caratterizza per un’alta finalità pedagogico-civile: favorire una presa di coscienza sempre più chiara, netta, rigorosa e diffusa presso l’opinione pubblica nazionale del carattere eversivo dell’attuale processo di attuazione del regionalismo differenziato, tanto sul piano politico-istituzionale, quanto su quello economico-civile. Una finalità che fa onore all’autore, il quale, sugli stessi temi non solo profonde il suo impegno in ambito scientifico, ma si spende anche in ambito civile come opinionista sulla stampa e sui social network.

Dopo avere illustrato il quadro europeo dei processi di decentramento, Viesti evidenzia le criticità del processo devolutivo italiano, che si caratterizza sia per la tendenza al “‘sovranismo regionale’” (Viesti, 2023: 8) a discapito dello Stato centrale e degli enti locali, sia per la mancanza di risorse finanziarie adeguate, sia, infine, per l’impossibilità da parte dei cittadini di controllare l’operato degli amministratori e da parte del governo centrale di attivare poteri sostitutivi in modo tale da garantire un livello uniforme di diritti sociali e civili sull’intero territorio nazionale.

Dal punto di vista economico-finanziario, la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni insieme al procrastinarsi nel tempo dell’attivazione integrale del fondo di solidarietà comunale, fanno sì che le risorse economiche per l’attivazione dei servizi vengano ridistribuite a livello territoriale sulla base della spesa storica che favorisce le regioni centro-settentrionali a discapito di quelle meridionali, minando, così, l’uguaglianza nell’accesso ai diritti.

Nei capitoli successivi, l’economista barese illustra la sua tesi di fondo relativa all’interpretazione del regionalismo differenziato come “secessione dei ricchi” (Ibid: 3) sia dal punto di vista politico-istituzionale, sia dal punto di vista economico-finanziario.

Per quanto riguarda il primo aspetto, Viesti ritiene che l’autonomia differenziata sia una “secessione di fatto” (Ibid.: 10), in quanto, l’“Italia sarebbe radicalmente trasformata con la nascita di regioni Stato al suo interno” (Ibidem), le quali, erodendo poteri fondamentali al governo centrale, ridurrebbero “l’Italia ad un paese arlecchino” (Ibidem), impedendogli, in questo modo, di esercitare politiche economiche e sociali sul piano nazionale su materie di interesse generale, quali, ad esempio, la scuola, i trasporti e la sanità.

Rispetto al secondo aspetto, quello economico-finanziario, l’attuale processo di devoluzione di poteri, funzioni e risorse economiche alle regioni richiedenti, si configura, secondo l’economista pugliese, come “secessione dei ricchi” (Ibid.: 3), perché le regioni richiedenti, attraverso un’aliquota di compartecipazione al gettito dei tributi nazionali, puntano a trattenere sui loro territori il cosiddetto “residuo fiscale” (Ibid.: 11), ossia la differenza tra l’ammontare delle tasse nazionali raccolte sui loro territori e la spesa pubblica ivi effettuata. Un presupposto, quello dei “‘soldi del Nord’” (Ibidem), del tutto infondato dal punto di vista costituzionale, in quanto, evidenzia Viesti, “i residui fiscali fanno capo agli individui, non ai territori” (Ibidem).

Nell’ultimo capitolo, l’economista pugliese sottolinea come l’attuale Governo Meloni abbia ulteriormente blindato il processo di devoluzione all’italiana assegnando un ruolo centrale nella trattativa agli esecutivi nazionali e regionali, marginalizzando del tutto non solo il ruolo del Parlamento, ma anche quello dell’opinione pubblica.

In conclusione, il saggio di Viesti inquadra e valuta criticamente il regionalismo differenziato italiano con l’intento pedagogico-civile di contribuire alla presa di coscienza da parte delle élites del Paese e dei suoi ceti riflessivi della sua portata eversiva tanto sul piano politico-istituzionale quanto su quello economico-finanziario. Basti pensare, sottolinea l’economista pugliese, che a prescindere dall’attuazione o meno delle richieste di autonomia differenziata, l’Italia è l’unico paese dell’UE in cui “ad uno scarto territoriale nella capacità di produrre reddito corrisponde un forte scarto nella disponibilità dei servizi” (Ibid.: 77).

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