Articolo di Maria Scerrato

Il crollo di Stellantis, innescato dalle recenti pessime scelte aziendali per quel che riguarda la transizione ecologica e digitale, stadeterminando un aggravamento della crisi industriale nel Basso Lazio, che presto si tradurrà in crisi economica e sociale.
Non bastanoinfatti il farmaceutico, in pieno rilancio, a risollevare le sorti di un settore produttivo vasto che assicura la stabilità economica per più di un milione di abitanti che rappresenta il 18% della popolazione della Regione Lazio.
La situazione mostra già risvolti drammatici nel numero di posti di lavoro persi, nei contratti di solidarietà, negli ammortizzatori sociali erogati.
Gli interventi urgenti richiesti a gran vocesia dai dipendenti con il recente sciopero del 18 ottobre che dagli amministratori locali con varie richieste indirizzate all’azienda e al Ministero, si sono limitati a improduttive concertazioni intorno a tavoli di lavoro e alla proposta di inclusione nella ZES (Zona Economica Speciale) per il Mezzogiorno, allo scopo di attrarre nuovi investimenti sul territorio, grazie a particolari benefici come il credito d’imposta e alla semplificazione amministrativa.
Per il presidente regionale Francesco Rocca, queste aree limitrofe all’Abruzzo, alla Campania e al Molise, sono più povere del resto del Lazio e necessitano di maggiore equità, soprattutto in termini di accesso paritetico alle opportunità di rilancio economico. Per questo ha proposto l’istituzione di un regime speciale ZES, con le stesse agevolazioni del Mezzogiorno.

L’inclusione nella ZES secondo Luca Bianchi, direttore di SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) è l’avvio di un processo di polarizzazione tra Nord e Sud Italia che prevede la frammentazione delle regioni centrali che si associano a questa o a quella parte d’Italia, in base ad indicatori economici. Per il basso Lazio è evidente la meridionalizzazione, che si manifesta nell’abbandono dei territori da parte delle istituzioni nazionali. Lo scenario terribile che si potrebbe profilare con le autonomie regionali è sempre più vicino.

Gli investimenti pubblici del PNRR infatti non sembrano aver tenuto conto di questa parte della regione. I collegamenti infrastrutturali sono rimasti quelli di sempre, senza nemmeno prendere in considerazione urgenze come l’ammodernamento della linea ferroviaria, che movimenta un gran numero di persone e merci e che è ormai vetusta, se non pericolosa. L’inclusione nella ZES non fa altro che rimarcare la mancanza di interesse da parte dell’Ente di via della Pisana.
A livello regionale infatti non ci sono tentativi di supportare le piccole e medie imprese sui mercati nazionali e internazionali. Mancano le iniziative per favorire l’apertura ai mercati esteri dei nostri imprenditori, la promozione dello sviluppo in nuovi settori industriali e servizi ad alto valore aggiunto. Pochi sono stati i bandi per l’innovazione tecnologica e l’internazionalizzazione. Il “Voucher Digitalizzazione PMI” è stato presentato solo il 25 ottobre scorso.

L’ombra di un rapido declino si allunga già su aree depauperate da pessime politiche sia a livello nazionale che regionale. La mancanza di una strategia di sviluppo complessiva per il Centro Italia, che favorisca lo sviluppo e l’integrazione dei territori, è la vera chiave di lettura di una crisi che si profila definitiva.

Lo dimostra la lettera che il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha inviato in risposta alla richiesta di aiuto da parte del presidente della Provincia di Frosinone, Luca di Stefano. Al di là di un generico di impegno per la risoluzione della crisi industriale, non c’è stato altro.

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