Articolo di Antonio Bianco

A Sant’Anastasia e paesi limitrofi si avvertono cattivi odori, sia di giorno che di notte, prodotti, forse, dalla combustione di materiale di scarto provenientedalla lavorazione di piccole imprese, non censite dal fisco, operanti in nero nella zona. Oramai sono decenni che i roghici ricordano, non solo, che siamo nella terra dei fuochi ma che le autorità preposte alla tutela della saluta degli esseri viventi, non riesce a limitare o porre fine a questo infausto evento che inquina l’aria, i terreni e le acque imbrifere. Regna la sonnolenza dei comuniche non si coordinano né si uniscono in consorzi vocati allasalvaguardia della salute pubblica,né coinvolgono le associazioni ed i comitati che da decenni denunciano la presenza dei fumiche impestano l’aria ed il degrado dell’areavesuviana, causa ed effetto dell’insorgere di patologie gravissime e mortali. I cittadini sono lasciati in una drammatica solitudine sulle fonti e l’entità dell’inquinamento, le autorità sono un muro di gomme,non divulgano i dati in loro possesso e, in alcuni casi, le loro azioni sembrano indirizzate a ricevere solo consensi elettorali. Se non sarà concepito un piano comune che coinvolga tutti gli attori, inclusi i cittadini, non si potrà combattere l’insalubrità dei luoghi. Devono essere messe in campo azioni volte all’emersione del lavoro nero, forse, la prima causa dei roghi nell’area.Va ridotto ai minimi termini il malaffare nonché le connivenze che tollerano l’inquinamento ambientale che provoca la morte anticipata dei campani, in media, di circa 3-4 anni rispetto ai cittadini del Centro-Nord. Senza il lavoro alla luce del sole, l’area vesuviana e tutto il Meridione non potrà rinascere né potrà ridurre il gap socio economico con il Centro-Nord. Senza una politica di riunificazione del Pese si andrà verso la disgregazione dell’unità e della coesione territoriale dello Stato.

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