Nel corso del 2023 e del 2024, il Sud è sì stato in termini relativi rispetto al Nord “locomotiva” del Paese, ma lo è stato sulle spalle dei suoi lavoratori, per i quali, evidenzia la Svimez nel suo ultimo Rapporto sul Mezzogiorno 2024, “tra il quarto trimestre 2019 e la prima metà del 2024, i salari reali si sono ridotti del -5,7%”, a fronte, invece, “del -4,5% nel Centro-Nord (-1,4% nell’eurozona)”. Dunque, sottolinea la Svimez, “Un vero e proprio crollo al Sud causato da una più sostenuta dinamica dei prezzi e dai ritardi nei rinnovi contrattuali, in un mercato del lavoro che ha raggiunto livelli patologici di flessibilità”.
Allora, se esistessero forze politiche autenticamente progressiste e dunque anche meridionaliste nell’ottica dell’unificazione sostanziale del Paese, ci si potrebbe chiedere: Di cosa ha bisogno l’Italia vista da Sud per quanto concerne le dinamiche salariali? Ebbene, l’Italia vista da Sud avrebbe bisogno di rinnovare in modo cospicuo i contratti di lavoro e di ridimensionarne la patologica flessibilità ad uso e consumo degli imprenditori. Purtroppo, il tema non è al centro delle politiche nazionali, in quanto, proprio a partire da Sud, i lavoratori sono senza rappresentanza.

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