Articolo di Paola Perrone

Calabrese di origine, appassionata da sempre di danza, mi sono avvicinata alle tradizioni del nostro Sud quando ero una studentessa universitaria a Bologna. E, come capita spesso a molti ragazzi e ragazze che lasciano il proprio paese per studio o lavoro, la voglia giovanile di lasciare la propria terra d’origine lascia il posto, con il tempo e la distanza, ad una sorta di memoria nostalgica verso quei luoghi natii e ad un desiderio di recuperare in qualche modo il legame con quel territorio abbandonato, con il dialetto del posto, con le tradizioni culinarie, coreutiche e musicali che in qualche modo saldano, anche a molti km a Nord, il nostro essere alla nostra profonda origine. Un bisogno di portare – orgogliosamente – le radici dentro di sé, in qualunque parte del mondo ci siamo trovati o abbiamo scelto di vivere. Ho scoperto le danze e le musiche del Sud Italia un po ‘ alla volta. 

Bologna è stata ed è ancora luogo di incontro di molti sud – studenti calabresi, pugliesi, campani, sardi, siciliani desiderosi di stringere legami tra loro, con la consapevolezza di essere tutti un pò stranieri, tutti “terroni” al nord e che, pur amando tantissimo Bologna, riproponevano con orgoglio le proprie tradizioni, attraverso cene dalle mille portate, serate a suonare e danzare senza sosta in piazza fino alla mattina (quando ancora le piazze bolognesi erano luoghi aperti), una voglia viscerale di conoscere e far conoscere la propria particolare identità locale, sentendo nel profondo che, con le dovute differenze, c’era una comune appartenenza, un comune sentire, una voglia e un bisogno comune di stringersi in un luogo altro. 

Negli anni ai corsi di danza sono seguiti i viaggi, i matrimoni che durano una settimana, le feste contadine o quelle per i santi, i festival nei paesini più sperduti. Gli occhi hanno cominciato a luccicare ed il cuore si è appassionato, liberato, aperto e ingigantito per accogliere tutta questa nuova bellezza che sembra non avere mai fine.

Da una decina di anni questa passione è diventata anche un lavoro. Ho iniziato a tenere corsi di danze del Sud Italia per bambine e bambini prima e, qualche anno dopo, ho iniziato ad insegnare anche agli adulti grazie ad alcune amiche che hanno aperto una meravigliosa scuola di danza a Bologna (Danz’Aire) e mi hanno chiesto di insegnare nel loro centro.

Amo infinitamente fare l’insegnante, ma soprattutto amo entrare in relazione con le persone e tessere rapporti. Per dirla con le parole della poetessa Chandra Livia Candiani “non voglio insegnare, voglio accompagnare”. Più volte mi sono interrogata sul senso di un corso che insegni i passi delle tarantelle, danze apprese attraverso l’osservazione nelle feste, guardando la gente del luogo, ascoltando le parole degli anziani, i suoni vivi. 

Ho visto però quanti benefici portasse la scoperta o riscoperta di queste danze nei corpi e nei cuori delle persone, quanto l’apprendimento dei passi fosse solo un primo step di un coinvolgimento ed un avvicinamento più profondo, che portava poi molti a conoscere quei luoghi veramente, a recarvisi e a recuperare melodie di un passato a volte volutamente messo da parte e a farci pace. 

I corsi possono dunque avere un qualche senso, ma solo se accompagnati dalle feste, dai momenti reali di condivisione e dall’instaurarsi di una vera e propria comunità che si possa riconoscere in uno spazio comune. Questo è stato uno dei motivi che mi ha spinto ad investire molte delle mie energie per la creazione di una rassegna di musica e danze del Sud Italia, la rassegna OssessUoni. La rassegna ha visto la luce nel 2023 e si svolge per un week end al mese, da febbraio a maggio, in due città, Bologna e Firenze (il sabato in una città e la domenica nell’altra). 

OssessUoni, come già anticipa un pò il nome stesso, nasce da quella che per alcuni di noi è una vera e propria ossessione, quella di ritrovare il Sud anche stando a Nord, quella di non rinunciare a far conoscere e a far amare le più svariate ed affascinanti tradizioni meridionali, soprattutto attraverso il contatto diretto con chi da quella cultura arriva e la vive ogni giorno. 

Tutto bellissimo e giusto, ma molto molto difficile quando non hai sponsor né sovvenzioni e ti chiedi ogni volta se ce la farai a rientrare nei costi, se verranno abbastanza persone, se riuscirai a far amare quella tarantella che non è così tanto “di moda”. Portare musicisti e danzatori dalla Calabria, dalla Puglia, dalla Campania e così via, è un vero e proprio rischio economico, nonché un dispendio di tempo e risorse non da poco. Eppure, nonostante tutto, permane la voglia di provare a ritrovare l’atmosfera delle feste di piazza. E, alla fine, ogni sacrificio viene ripagato dalla gioia che trovi negli occhi delle persone.

Il mio bisogno di creare una simile rassegna nasce quindi sia dalla necessità di sostenere le lezioni che si svolgono in palestre, circoli e sale di danza, con la musica dal vivo, praticando la parte più viva e vera di queste tradizioni – la dimensione della festa –  sia dalla necessità di ritrovare o, meglio, ricreare comunità di persone che si legano, che si sostengono, che si abbracciano, che fanno rete. Dare una risposta a quella che Bauman definisce la solitudine del cittadino globale.

Ho condiviso rischi e gioie di questo progetto con la mia amica Chiara Garuglieri di Firenze, che insieme a me si è messa in gioco per l’organizzazione di questa rassegna, dividendo con me i compiti organizzativi e le spese, le idee artistiche, i dubbi, le problematiche e l’infinita gioia della realizzazione. 

La rassegna, a Bologna, conta anche il sostegno fondamentale del luogo che ci ha ospitati fin dalla prima edizione, il Circolo La  Fattoria, con il suo staff collaborativo e aperto al dialogo e al confronto per crescere insieme. Si tratta di una location situata nella periferia di Bologna,  in un quartiere da molti considerato difficile, il Pilastro e che, a maggior ragione, merita che siano promosse iniziative che guardano al benessere e all’inclusività. 

Una periferia che diventa un centro pulsante. OssessUoni per me è più di una rassegna. E’ un Luogo poetico. Un nido a cui tornare, ogni mese, una stazione di sosta dove ricaricarsi di energia ed emozioni pulite, uno spazio sacro di gesti quotidiani in cui proviamo a coltivare la fiducia, l’attenzione, l’abbandono, la cura per il corpo – proprio e altrui – l’accoglienza, le relazioni. 

Continuo ad immaginarmi questa rassegna come una casa da costruire insieme. Una piazza da rendere viva. Un terreno da coltivare con dedizione. Un’infinità di fili colorati da tessere insieme. Nelle due passate edizioni ci siamo nutriti di suoni antichi, di un tempo un po perduto, dando voce ad un bisogno profondo di stare insieme, di connetterci. Ci siamo sintonizzati sulle stesse frequenze, creando uno spazio di ascolto sincero. 

Ci siamo incontrati passo dopo passo, mese dopo mese, suono dopo suono. Un centro unico, intimo e al contempo sconfinato. Prendo in prestito un antico proverbio africano che dice “per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio” e mi permetto di estenderlo ad ogni essere umano. Ecco, io direi che per ognuno di noi, per tutte le nostre fragilità, per tutta la nostra solitudine, per la nostra voglia di condivisione, ci vuole un villaggio intero. Una rete. Un salvagente. 

Un cerchio magico che ci contenga. Che ci sostenga. Che ci faccia danzare con leggerezza nei tumulti della vita. Un cerchio che si allarga. Che prende per mano. Che osserva senza giudicare. Che si nutre di bellezza e di gioia. E l’intento di questa piccola rassegna, alla fine, è quella di diventare questo incantevole villaggio. OssessUoni porta i nomi di tutti. Perché un villaggio per vivere in armonia ha bisogno della cura di ciascuno di noi. Piccolo spoiler: stiamo lavorando per la terza edizione! L’8 dicembre uscirà il programma ufficiale degli eventi. 

Contatti fb e ig: OssessUoni | Mail OssessUoni Bologna: ossessuonibologna@gmail.com

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