Saggio breve di Giuliano Laccetti
La Corte Costituzionale sta demolendo in maniera davvero a mio avviso encomiabile, apprezzabile (nel senso che le sue sentenze e pronunciamenti mi trovano d’accordo), richieste e situazioni che danneggiano il bene comune, l’uguaglianza, la solidarietà. Ultima in ordine di tempo la sentenza 195/2024, sul ricorso della Regione Campania sulla distribuzione dei finanziamenti alla Sanità. (Corte Costituzionale:2024)
In un contesto di risorse scarse, per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il “fondamentale” diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta out of pocket.
Più precisamente, in altra parte della sentenza, la Corte Costituzionale afferma che nemmeno nel caso in cui la regione non abbia versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, lo Stato può rispondere tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria – già, peraltro, in grave sofferenza per l’effetto dei tagli degli ultimi anni, dopo il Conte II– dovendo quindi agire su altri versanti che non rivestono il medesimo carattere: il diritto alla salute, infatti, “coinvolgendo primarie esigenze della persona umana”, non può essere sacrificato “fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità”
E tuttavia, da più parti cominciano ad arrivare segnali e sollecitazioni: non ci si può non far carico di una proposta, lontana da quella della Lega, ma che tenga conto di esigenze e desideri territoriali, anche in nome di una ideale battaglia per un decentramento solidale che consenta una efficienza davvero migliore ed un controllo molto più semplice dell’operato delle istituzioni da parte dei cittadini.
Non sono convinto della “bontà” e della necessità di questo approccio; tuttavia, è un dato di fatto che se ne parla, e se ne parla anche … per criticare proposte di tal fatta. Ne parla in termini possibilisti (salvo andare a “vedere”) anche Massimo Villone, in un paio di suoi interventi. (Villone: 2024a, Villone: 2024b)
La sollecitazione viene essenzialmente da una iniziativa di consiglieri regionali Pd di Piemonte, Lombardia, Veneto, anche con un documento articolato, di metà ottobre scorso.
Si sottolinea tra l’altro la necessità di rivedere l’art. 117.3, riportando allo stato alcune materie strategiche. E si censura la scelta delle commissioni paritetiche in ogni regione per la gestione delle intese. Punto sul quale qualcuno in parlamento dovrebbe chiedere a Giorgetti come pensa di gestire il bilancio con il coordinamento della finanza pubblica frammentato su 21 tavolini separati, secondo il dettato della legge 86.
Ci sembra interessane evidenziare, in particolare, i principali punti del documento in questione, “Per una autonomia cooperativa delle istituzioni territoriali” (PD Veneto: 2024).
Primo punto: la possibilità di richiedere maggiore autonomia su alcune funzioni, stabilita dall’art. 116.3 Cost., riguarda puntuali e circoscritti trasferimenti, legate a specifiche e puntuali condizioni del territorio. La Lega stravolge il dettato costituzionale, cercando di attribuite ad alcune regioni, in maniera massiccia ed esagerata, competenze generali su intere materie per trattenere nei territori economicamente più forti, a più elevata capacità fiscale, la maggior parte delle risorse finanziarie.
Secondo punto: è indispensabile una revisione dell’art. 117 Cost., mettendo nero su bianco che alcune materie strategiche di carattere nazionale, e che riguardano principi di uguaglianza sociale, NON posson essere ricomprese tra potenziali materie di cui alcune particolari e specifiche funzioni potrebbero essere devolute alle regioni: energia, grandi reti di trasporto, istruzione, banche, sanità, welfare, ecc. che trovano solo nell’esercizio coordinato e promosso dallo Stato una risposta fattiva, efficace e di garanzia del rispetto dei diritti sociali e civili.
Terzo punto: va superata la ingiustificabile logica frammentaria che attribuisce ad una molteplicità di Commissioni paritetiche (una per ciascuna regione!) la individuazione delle funzioni eventualmente trasferibili, attribuendo invece tali compiti, come ausilio alle decisioni comunque spettanti al Parlamento, ad un unico organismo valido per ciascuna e tutte le regioni, che possa tenere conto della suddivisione e della finanza decentrata nel suo complesso.
Quarto punto: rivisitazione dell’intero concerto di autonomia e autonomie, riprendendo a ragionare su Province e Comuni. Senza arrivare ad una proposta del tipo “aboliamo le regioni”, si mette nel conto di tenere a freno una deriva monocratica delle regioni, istituendo o facendo vivere un Consiglio delle Autonomie Locali che faccia da contraltare allo strapotere regionale.
Su alcune cose si è già espressa la Corte Costituzionale con la sua sentenza 192 (funzioni particolari e motivate, non intere materie; esclusione di alcuni temi strategici nazionali); su altre questioni il discorso potrebbe essere interessante. Un ambizioso respiro di ampio progetto politico. In particolare, a mio avviso, riprendere il discordo sul tema delle autonomie, della validità delle regioni, e delle regioni a statuto speciale. Recentemente alcuni interventi (vedi ad es. Spirito:2024a eSpirito:2024b) hanno criticato il (cattivo?) funzionamento delle regioni, nate come enti di programmazione territoriale, e divenuti in realtà centri di potere e di gestione, con tutte le aggravanti possibili: da una incrostazione e assuefazione alla gestione del ceto dirigente regionale (politico e amministrativo), fino ad arrivare, non infrequentemente, alla creazione di veri e propri centri di potere clientelare, in cui i presidenti di regione hanno assunto un ruolo con poteri esorbitanti, schiacciando le comunità locali e i loro “dirigenti (Comuni e Sindaci), esercitando uno strapotere che non deve aver ragione d’essere.
La riflessione, a mio avviso necessaria, riguarda il riportare le regioni al loro compito di programmazione, o secondo alcuni, ad una loro vera e proprio abolizione, rivitalizzando al tempo stesso quelle Istituzioni di prossimità che meglio riescono ad intercettare esigenze e volontà territoriali, quegli enti di area vasta, che posson essere le città metropolitane, o le Province, con l’obbligo, sempre a mio modestissimo avviso, di una loro rinascita con designazione popolare di consiglieri e/o presidenti (la cosiddetta riforma Delrio, in sostanza, ha eliminato la elezione democratica di consiglio e presidente delle province, ma di fatto non i loro determinanti compiti e funzioni).
Però si ha l’impressione che i consiglieri regionali del Pd del Nord stiamo pensando alla risoluzione di una inesistente questione settentrionale, o meglio, una questione derivata dalla ben più grave e reale questione meridionale: questa sì che deve essere affrontata e risolta, deve tornare a essere grande questione nazionale. Con la risoluzione della questione meridionale, anche la situazione settentrionale sparirà.
Ad ogni modo, la mia personale posizione è, come diceva Keynes, che “quando si stima di arrivare ad un compromesso, è prudente partire da posizioni estreme”. Mettiamo un punto e basta a questa oscena secessione dei ricchi; mettiamo una croce su ogni velleità di autonomia differenziata, bestialità come il residuo fiscale, lavoriamo per l’uguaglianza di servizi in tutto il Paese.
Dopo, solo dopo (5 anni almeno?) riprendiamo a discutere di queste … discutibili (nel senso, appunto, che si possono discutere) questioni. Sono convinto, lo vedo tutti i giorni, che la posizione del Pd sia questa: no all’autonomia differenziata. E si vota SI al referendum abrogativo totale Poi si vedrà.
Per concludere, l’oscena accelerazione della Lega Nord verso una “secessione” (chiamata con diversi nomi del corso degli anni, non per forza formale vera e propria separazione), per accaparrarsi quanti più soldi possibile, evitando perequazione, coesione nazionale e solidarietà, da un lato subisce un duro colpo da parte della Corte Costituzionale, dall’altro spingerà, una volta accantonate per sempre simili pulsioni, ad una serie di riflessioni sul futuro dell’autonomia e delle autonomie, delle regioni e dei loro compiti, della finanza pubblica decentrata, insomma, sull’assetto istituzionale della nostra Repubblica.
Bibliografia
Corte Costituzionale (2024), https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2024:195 , consultato il 10/12/2024.
Partito Democratico del Veneto (2024), https://www.pdveneto.com/post/autonomia-cooperativa-assemblee-pd consultato il 10/12/2024, consultato il 10/12/2024.
Spirito P. (2024a), Disfare l’Italia, Napoli: Guida Editore
Id (2024b), “Regioni. Storia di un disastro”, Il Quotidiano del Sud, 7 dic. 2024.
Villone M. (2024a), “Autonomia Differenziata: I cacicchi stiano lontani”, Il Fatto Quotidiano, 20 ott. 2024.
Id. (2024b), “Terzo mandato l’assist leghista per De Luca”, La Repubblica-Napoli, 23 ott. 2024.