Articolo di Nicola Vacca
Il pensiero meridionalista deve molto a Tommaso Fiore. Scrittore e uomo politico italiano, Fiore è nato in Puglia, esattamente a Altamura nel 1884 ed è morto a Bari nel 1973. Di formazione classica, da subito si dedicò allo studio del Mezzogiorno e della condizione dei contadini. Stretta la sua collaborazione con Gaetano Salvemini. Socialista e appassionato di filologia. Tra i suoi scritti da ricordare Un popolo di formiche (pubblicato da Laterza nel 1951) nella collana Libri del tempo), una cronaca appassionata di una regione meridionale, la Puglia, alle origini del fascismo. Un classico della nostra letteratura.
“L’attività politico-intellettuale di Fiore – scrive Michele E. Di Carlo su Lettere Meridiane -si può riassumere in una costante azione contro il centralismo statale, maturata durante l’esperienza da sindaco e cresciuta nella certezza che le regioni del Mezzogiorno in un sistema federale sarebbero state protagoniste del proprio destino. Insieme a Salvemini, Fiore combatte il trasformismo politico, che l’amico Guido Dorso riteneva responsabile del fallimento degli ideali risorgimentali e delle condizioni semifeudali del Mezzogiorno”.
Fiore è stato un interprete acuto della questione meridionale. Manlio Rossi Doria nella prefazione a Un popolo di formiche scrive che Fiore è un attento osservatore della realtà e si dimostra molto realista pur nella sua idealistica visione dell’avvenire. Tommaso Fiore, intellettuale e umanista pugliese, convinto antifascista. Dopo l’ascesa del fascismo si avvicinò al Partito Socialista Unitario. Entrò in contatto con Gobetti, Nenni e Rosselli. Il regime lo mise subito sotto controllo. Si avvicinò alle posizioni liberalsocialiste, diventando uno dei teorici più convinti di questa linea. Ovviamente si avvicinò a Giustizia e Libertà. Strinse rapporti stretti con Leone Ginzburg, Guido Calogero, Guido Dorso.
Fiore è uno degli intellettuali di riferimento del pensiero meridionalista. Un popolo di formiche è la diretta testimonianza dell’impegno sociale e civile di Tommaso Fiore per la sua terra. Il libro è la cronaca di un viaggio nella storia dei cafoni pugliesi. Fiore invia a Piero Gobetti una serie di corrispondenze in forma di lettere in cui lo studioso racconta all’intellettuale liberale il suo Sud in cui ai cafoni viene negata la partecipazione alla vita politica descrive nei minimi particolari una Puglia non letteraria, non retorica, una terra del tutto ignorata, desolata tetra, una regione respingente, disperata che non entra in una bella cornice.
“In genere quello che manca a voi – scrive Fiore – non è la conoscenza dei nostri problemi, ma piuttosto del colorito speciale di essi e delle nostre cose: voi altri fate degli schemi ed io ne leggo di ottimi, in cui il Mezzogiorno entra come quadro in una bella cornice: dopo qualche giorno ti accorgi che la figura è un po’ di traverso”.
Così nasce Un popolo di formiche: Fiore nel 1925 scrive e racconta a Gobetti i cafoni del Sud e della sua Puglia, così come gli viene, scrive degli uomini e delle cose di quella terra arida senza nessuna pretesa di inventare sistemi torici. Il suo intento è quello di mettere nero su bianco quello che osserva della Puglia, che per lui è anche un’espressione archeologica. Nelle microstorie di Fiore, un reportage in forma epistolare, troviamo la Puglia e le sue condizioni difficili all’inizio degli anni venti.
Fiore racconta la sua gente, ne sposa la causa, ne rivendica una giustizia sociale, sta sempre dalla parte della laboriosità di un popolo di formiche, che con la fatica ha scavato e allineato tanta pietra, ha lavorato duramente la murgia più aspra e sassosa, fino a renderla coltivabile. Fiore pensa che questo avrebbe spaventato un popolo di giganti. Tommaso Fiore con le sue analisi politiche e sociologiche è entrato nelle viscere della sua terra, lasciando una testimonianza imprescindibile. Con le sue parole ha ridato dignità ai cafoni, non ha risparmiato critiche feroci al meccanismo trasformistico e clientelare da sempre presente nella vita pubblica pugliese e meridionale.
Il pensiero di Fiore ha apportato un contributo fondamentale alla causa dell’avanzamento delle idee di rinnovamento del Mezzogiorno. Manlio Rossi Doria scrive che Tommaso Fiore è stato uno dei più significativi rappresentanti della giovane classe politica che, dopo aver partecipato alla guerra, è passata dalla giovinezza alla prima maturità degli anni in cui la vecchia Italia veniva travolta dal fascismo.
Tommaso Fiore con le sue idee è il crocevia fondamentale del pensiero meridionalista. Anche Carlo Levi riconobbe l’importanza e l’autorevolezza di Fiore. L’autore delCristo si è fermato a Eboli affermò che da lui molto abbiamo imparato, in tempi in cui i maestri erano rari. Abbiamo imparato da lui che cosa fosse la vita nel Mezzogiorno, e in che modo potesse essere vista nella sua verità, negli anni ormai così lontani da sembrare appartenere a un altro secolo.