Articolo di Ciro Esposito

È noto il divario tra Nord e Sud riguardo all’erogazione del servizio di asili nido. Infatti, solo sei regioni (tutte del Centro-Nord) hanno finora centrato gli obiettivi fissati dal Consiglio Europeo a Barcellona nell’ormai lontano 2002, che impegnava gli stati membri dell’Unione a offrire asili nido e servizi per l’infanzia ad almeno il 33% dei bambini al di sotto dei tre anni (una raccomandazione del Consiglio UE del 2022 alza questa soglia al 45% entro il 2030).

Le regioni meridionali sono tutte sotto il 33%, nessuna prossima all’obiettivo, in alcuni casi distantissime: in Sicilia, Calabria e Campania è addirittura presente poco più di un posto ogni dieci bambini, nonostante i progressi degli ultimi anni. Inoltre, il servizio, quando non è assente risulta meno finanziato (a fronte di una media nazionale di 7300 euro per utente servito, al Sud si spendono meno di 5000 euro) e quindi più scadente;spesso è a “gestione esterna” e privo di refezione. Al divario tra Nord e Sud si deve aggiungere quello tra città e aree interne, significativo anche al Centro-Nord, tanto da poter parlare di una duplice sperequazione: tra le regioni e nelle regioni.

La Legge di Bilancio del 2022 (Governo Draghi) aveva fatto sperare – o illudere – i genitori meridionali: entro il 2027 tutti i Comuni avrebbero dovuto raggiungere il livello minimo garantito del 33% su base locale. Il servizio sarebbe stato progressivamente finanziato, in buona parte grazie ai fondi del PNRR, fino a raggiungere la cifra di un miliardo e cento milioni di euro. I Comuni inadempienti sarebbero stati commissariati.

Ora, con un colpo di mano, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti taglia in maniera netta queste risorse: l’obiettivo del 33% rimane ma diventa “nazionale”, mentre la soglia minima da comunale diventa regionale e viene fissata a un misero 15%. In altri termini, i finanziamenti del PNRR destinati alla riduzione del divario vengono spostati su altri obiettivi e la forbice tra chi usufruisce del servizio e chi ne è privo rischia addirittura di allargarsi, ottenendo in pratica il contrario di quanto ci si era proposti di fare.

La convergenza territoriale viene clamorosamente tradita e con essa un servizio che favorisce lo sviluppo degli apprendimenti successivi e contrasta la povertà educativa. Senza contare che gli asili nido, dove sono presenti, incoraggiano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Quindi, un altro colpo all’infanzia e ai servizi del Mezzogiorno che proviene dal ministro leghista e dal governo della destra.

A questo proposito, il giornalista ed economista Marco Esposito aggiunge un’ulteriore preoccupazione a questo quadro già desolante: quello sugli asili nido è finora l’unico Livello Essenziale delle Prestazioni già approvato e finanziato, il suo ridimensionamento, in vista dell’applicazione dell’autonomia differenziata, aprirà la strada a Lep “piccolini, malfinanziati, malstrutturati”. Del resto, la Commissione guidata da Sabino Cassese, impegnata a definire i Lep, è già su quella strada. Se non reagiamo uniti e decisi contro il definanziamento del Lep sugli asili nido potremo ingoiare anche il resto del veleno.

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